Le interviste

“La filiera agroalimentare italiana può vincere solo insieme la propria sfida globale”

Luigi

Scordamaglia

Consigliere delegato
Filiera Italia

Da dove nasce l’idea di Filiera Italia?

Da una convinzione semplice: la filiera agroalimentare italiana vince o perde insieme la propria sfida globale. Produzione agricola, industria alimentare e distribuzione sono un tutt’uno di un modello distintivo e sostenibile e solo attraverso un’azione congiunta di condivisione di valori e di equa ripartizione del valore aggiunto economico creato, che superi antistorici conflitti del passato, possono raggiungere gli ambiziosi obiettivi di crescita e sostenibilità competitiva vitali per il settore ed il Paese. Concetti semplici da dirsi ma difficili da realizzare concretamente rispetto ad un progetto ambizioso e lungimirante fortemente voluto oltre due anni fa insieme al Presidente di Coldiretti Ettore Prandini ed al Segretario Generale Vincenzo Gesmundo e che ogni giorno sta crescendo oltre ogni aspettativa. Ai principali brand dell’industria alimentare italiana che credono in questo Paese e generano valore ed occupazione, valorizzando al meglio la produzione agricola italiana, si sono aggiunti la migliore parte della distribuzione operante in Italia e poi campioni nazionali trasversali (da Eni a poste italiane a Cdp e tanti altri) che offrono servizi ad alto valore aggiunto e partnership a tutto il mondo agroalimentare.

Quali sono i progetti di Filiera Italia?

Abbiamo tanti spazi di lavoro. Filiera Italia sta crescendo sempre di più e per questo ha presentato ai soci una vera e propria carta dei servizi. Si va dal supporto nella attuazione della direttiva europea contro le pratiche commerciali sleali, a quello normativo, fino alla formazione e all’internazionalizzazione. Un punto fondamentale poi è dedicato al Recovery plan e ai contratti di filiera. L’obiettivo principale, ripeto, è condividere tra tutti i soci il valore aggiunto creato attraverso una sempre più forte interazione e la messa a disposizione di tutti i nuovi strumenti nazionali e comunitari che hanno al centro la filiera.

Come funzionano questi nuovi strumenti?

I contratti di filiera, ad esempio, nostro primo collante, sono lo strumento operativo e concreto che segna la svolta per i rapporti tra agricoltori, mondo della trasformazione e della distribuzione. Per questo ci siamo battuti perché nel PNRR fossero dedicate risorse a questo tipo di strumento e la risposta del Governo c’è stata. 1,2 miliardi di euro previsti nel Fondo complementare, oltre ai tanti altri fondi previsti nel vero e proprio PNRR, potranno stimolare investimenti per una vera modernizzazione sempre più sostenibile dei principali settori strategici dell’agroalimentare nazionale.

Ha citato anche le pratiche sleali, da sempre c’è un tema legato alla remunerazione dei costi di produzione.

Per noi il prezzo pagato da qualsiasi fase deve sempre essere equo, trasparente ed il più possibile protetto da transitorie volatilità, per evitare gli eccessivi aumenti e ribassi speculativi che danneggiano tutti. Oggi chi opera in un ambito competitivo globale sa bene che la competitività non è più basata sulla speculazione di acquisto spot ma sulla capacità  di consolidare la filiera a monte con meccanismi sempre più open book dove il vantaggio competitivo viene fuori da consolidati ed equi rapporti di partnership.

Cosa fate per il 100% italiano?

Il nostro obiettivo è lavorare insieme per aumentare la presenza di un Made in Italy che parta sempre più da produzioni agricole italiane. Già oggi, contrariamente a quanto si crede,  il prodotto alimentare al cento per cento nazionale costituisce circa il 75% in media della trasformazione alimentare, una media che però va da un massimo rappresentato dalla completa autosufficienza, fino ad oltre 50% di prodotti agricoli importati a seconda dei settori merceologici. Non meno rilevante per la nostra Organizzazione è l’attività di lobbying, in modo che la politica trovi in noi un interlocutore in grado di farsi latore degli interessi di tutto l’agroalimentare e con esso del sistema Paese. Una cosa estremamente apprezzata in un momento in cui tradizionali forme di lobby hanno ormai fatto il proprio tempo e rischiano ora di rimanere indietro rispetto alla stessa politica.

Quali sono le sfide più importanti dei prossimi mesi?

Certamente impiegare bene le risorse del Recovery plan, collaborando con le istituzioni per fare il meglio possibile e farlo in fretta. Dall’altro dobbiamo dialogare con la Commissione europea per la grande sfida della sostenibilità. Quella vera competitiva, non di integralismo ideologico slegato dalla produzione. Vogliamo essere protagonisti, ma chiediamo ascolto. Quando vediamo che si promuovono modelli distorti di etichettatura come il nutriscore, una truffa ideologica al consumatore, o il consumo di fake meat, esprimiamo preoccupazione. Vogliamo venga valorizzata la Dieta mediterranea e si garantisca trasparenza sull’origine di tutti gli alimenti. Su questo l’Europa deve avere coraggio capendo, anche fino in fondo, che la Food security soprattutto dopo il covid è diventata per tutti i Paesi del mondo una questione prioritaria di sicurezza nazionale.